Fulmine a ciel sereno. Un articolo de Il Fatto Quotidiano riporta una nota della polizia penitenziaria secondo la quale Marracash, Guè e Young Rame avrebbero dei legami con la mafia milanese. Attraverso delle Instagram Stories, il rapper di Noi, loro, gli altri ha risposto punto per punto alle insinuazioni fatte dal giornale, il componente dei Club Dogo ha solo fatto un riferimento ironico mentre l’autore di Facce della medaglia ha ripreso le risposte dei primi due e un suo post dello scorso luglio che fa riferimento ai malavitosi menzionati nell’articolo, sottolineando l’estraneità di Marracash alla faccenda della maglia citata nella suddetta nota.
Marracash e Guè: i presunti omaggi al boss Nazzareno Calajò
Stando a quanto è stato scritto nell’articolo del giornale (poi ripreso anche da altre testate nazionali), una nota della polizia penitenziaria allegata a un’indagine dei pubblici ministeri Francesco De Tommasi e Gianluca Prisco riporta che Marracash e Guè sono al servizio del boss Nazzareno Calajò, detto Nazza. Seppure i due artisti non risultino indagati o coinvolti, come precisano i media, nell’inchiesta viene segnalato che abbiano salutato il boss della Barona e suo figlio durante due importanti live svolti a Milano.
Il 10 luglio di quest’anno, secondo la nota, sul palco dell’Ippodromo di San Siro Guè avrebbe detto: «Nazza libero! Free Nazza! Una mano su!», mentre Nazzareno Calajò era in carcere per traffico di droga. Il 21 settembre 2022, invece, Marracash avrebbe omaggiato il boss e suo figlio durante un concerto al Forum di Assago dicendo: «Ci tengo a ringraziare la gente del mio quartiere venuta a queste serate. Mattia (Mattia Di Bella ovvero Young Rame), Kalash (Alessandro Calajò), Momo e soprattutto il grande zio Nazza. Un abbraccio!».
In quel periodo Nazza era agli arresti domiciliari e il figlio Kalash era in carcere. Pare che Luca Calajò – nipote del boss – fosse presente al live e avrebbe mandato una clip alla moglie di Nazza scrivendo: «Fai un video, lo zio che ringrazia Marracash. L’ha salutato davanti a tutti, fai fare un video allo zio».
Calajò: il rap come tornaconto
Il Fatto Quotidiano, inoltre, riporta che al setaccio della polizia penitenziaria sono passate anche delle maglie e alcune comparsate nei videoclip. Da quanto trapelato, il dito è puntato soprattutto video di ∞ Love di Marracash e Guè in cui appaiono dei pregiudicati. La nota degli agenti dice:
«È noto che la famiglia Calajò domini il quartiere Barona e il suo predominio lo ha ottenuto anche grazie al consenso di parte della popolazione residente, alimentato mediante numerose comparse dei principali esponenti della famiglia criminale nei videoclip di famosi cantanti rapper come Guè Pequeno, Marracash e Young Rame il cui tema principale è l’ostentazione del lusso, del denaro facile e l’esaltazione della violenza. La fama e il successo dei rapper sono un utile tornaconto per i Calajò. È una perfetta cassa di risonanza per la sua professata innocenza».
La ricostruzione del quotidiano, citando la procura, riporta le parole del boss emerse da un’intercettazione che afferma l’importanza degli artisti:
«Altro che non servono a un cazzo i cantanti, i cantanti servono! Adesso m’hanno fatto una canzone per me Marra, Guè e lui (Young Rame). Compongono le canzoni per me! Hai capito? Guè pure mi ha fatto una canzone: Il tipo».
Secondo la nota, la vicinanza dei rapper è dimostrata anche dalle maglie con su scritto “Nazza libero” e “Verità per Nazza”, indossate in videomessaggi postati sui social. Su questo viene precisato che Marracash avrebbe fatto resistenza nel mostrarsi con una maglia del genere, cambiando poi idea quando Nazza lo ha apostrofato con le parole “traditore” e “infame”.
Marracash: la risposta precisa e puntuale
Come poteva si immaginare, Marracash ha risposto all’inchiesta riportata dai media. Lo ha fatto controbattendo punto per punto attraverso delle Instagram Stories. Il rapper della Barona ha sottolineato come tutto questo sia parte della sua narrazione da circa due decenni, prendendo le distanze dalla sua presunta presa di posizione in favore della criminalità, anzi Marracash ha spiegato che l’unione tra persone diverse al fine di superare disagi e rivalità è proprio alla base della canzone ∞ Love verso la quale vengono mosse accuse.
Continuando, ha precisato di non aver mai indossato maglie in solidarietà verso Nazzareno Calajò, evidenziando come non esistano prove in merito proprio perché il fatto non è mai avvenuto. Ha poi preso le difese di Young Rame, spiegando che il denaro di cui si parla nell’articolo consiste nel cachet verso chi gestisce professionalmente gli affari dell’artista, un meccanismo che riguarda tanto lui quanto chiunque altro nella musica.
Marracash, poi, mette in risalto come questa e altre recenti vicende sembrino un attacco al rap e ai rapper da parte di alcune istituzioni e giornali che offrono un punto di vista fazioso volto a biasimare un tipo di musica che dà voce a chi non ne ha, facendosi portatore di denuncia sociale. Così come in Loro rappa “Preferiscono spezzarci che recuperarci”, afferma che questi attacchi servono a mettere da parte i rapper anziché avere un confronto. Chiude auspicando che gli articoli usciti in proposito vengano modificati, riservandosi di adire le vie legali:
«Non sono mai stato e mai sarò al servizio di nessuno. Non è la prima volta che parlo di questi fatti e di queste persone, anzi lo faccio più o meno da 20 anni nelle canzoni e nelle interviste, ma è la prima volta che questa cosa viene utilizzata in questo nuovo clima di denuncia del nostro genere musicale. Non ho mai inneggiato alla liberazione di criminali, mai detto “free nazza” dal palco, ho salutato una persona che conosco, come uomo, da quando sono ragazzo.
Crescere nel mio quartiere mi ha fatto venire in contatto con realtà criminali, perché esistono, ma non mi ha mai impedito di essere una brava persona né di non saper distinguere il bene dal male. Ha solo reso la mia visione della realtà più completa e il racconto delle sue sfaccettature più realistico. Il video di Infinite Love non è affatto un’ostentazione di ricchezza e violenza, ma l’esatto opposto. Nel video compaiono diversi pregiudicati e lo scopo è promuovere l’unità e la fratellanza tra quartieri proprio per cessare le rivalità e descrivere il disagio di chi resta intrappolato in una certa vita.
Non sono mai stato costretto a indossare nessuna maglietta e infatti non l’ho indossata. L’articolo sostiene il contrario ma non pubblica la foto, proprio perché non esiste. Il 10% di cui si parla nell’articolo è la percentuale che Young Rame versa al suo management, esattamente come fanno tutti gli artisti. Mattia tra l’altro è un bravo ragazzo, lavora e non ha pendenze con lo stato. Non ho mai versato percentuali se non alle persone che lavorano alla mia musica con me.
È davvero mortificante realizzare che in questo momento il genere musicale più popolare e più giovane in Italia sembra davvero essere sotto strategico attacco da parte di un certo tipo di istituzioni e di giornalismo; generici attacchi ai testi dei cosiddetti “trapper”, decontestualizzati e spogliati della musica fino a renderli indifendibili, poi le feste in piazza che saltano per una rilettura faziosa e ignorante di interpretazioni di realtà drammatiche che purtroppo esistono e che nel rap trovano semplicemente voce nonché denuncia. Sarebbero occasione per l’apertura di dibattito e confronto con gli autori, invece vengono criminalizzati e scartati come spazzatura. Ulteriori occasioni perse per questo Paese di molte pance e poche teste.
Spero che le varie testate vogliano immediatamente modificare i titoli e gli articoli stessi. In ogni caso mi riservo di agire legalmente contro ogni tipo di diffamazione nei miei confronti».
Guè e Young Rame: tra ironia e verità
Di meno parole e più ironia è stato Guè. Il rapper si è limitato a storpiare il nome del giornale in “Il Babbo Quotidiano” via Instagram Stories e X (ex Twitter), senza aggiungere altro sulla vicenda. Young Rame, invece, attraverso delle Instagram Stories, ha ripreso sia il commento ironico di Guè sia un suo post del 31 luglio scorso in cui si possono vedere le foto in cui compaiono lui e Guè con una maglia con su scritto “Verità per Nazza” e un’altra nella quale evidenzia che Marracash non ha indossato quella stessa maglia. Nel post scriveva di attacchi giornalistici, inneggiando alla veridicità dei fatti, alla difesa delle proprie origini e alla liberazione dei Calajò:
«Oggi, come sempre, il notiziario gioca sui preconcetti che governano la mente di tutti noi per disegnare la realtà in maniera più comoda, più comprensibile. Fin da piccoli ci hanno insegnato che esiste il bene ed il male, il bianco ed il nero. Ma cosa proveresti se da un giorno all’altro tuo padre, tuo figlio, tuo fratello venissero etichettati come parte del male per volere di uno sconosciuto coperto dal mantello dell’anonimato o di un cinico spinto dalla spudorata ricerca dello scoop.
Per determinare il valore di una persona bisognerebbe essere a conoscenza del valore delle sue azioni. Ma questo compito non spetta nemmeno al più valoroso degli umani, tantomeno ad un giornalista. Ed è per questo che lotteremo affinché non venga versato fango sul nostro sangue, sulle nostre radici, su chi ci ha cresciuto e ci ha reso quello che siamo. Giudicare il prossimo è una maledetta tentazione, ma guardare in faccia la realtà non è da tutti, il rischio è quello di sentirsi tutti incredibilmente simili. Verità per Nazza, libertà per i Kalash».