È uscito il 17 maggio il debut album di Sethu “tutti i colori del buio”. Un lavoro che segna la svolta per l’artista e che tratta tematiche di una certa importanza come la salute mentale e il prendersi cura di sé, come esternato nel suo ultimo reel.
Dopo il periodo di grande intensità e messa in gioco del Festival di Sanremo di cui avevamo parlato in esclusiva con Sethu circa un anno fa, è arrivato il contraccolpo del tornare a destreggiarsi con l’essere Artista in un periodo storico molto complesso. Sul piano personale, strettamente legato alla carriera, Sethu racconta di aver fatto i conti con il progressivo accumularsi di interrogativi sul suo progetto.
Pur essendo entrato in gara con la giusta consapevolezza di essere il vero outsider dell’edizione e avendo sempre abbracciato il suo ultimo posto con orgoglio “mi si sono attivate tante paranoie legate ad aspettative e pressioni interiorizzate – spiega l’artista – il confronto costante dei numeri, la proiezione di come dovrebbero andare le cose rispetto a come vanno nella realtà, l’urgenza di ottimizzare il momento di visibilità del Festival come se tutto il mio lavoro fosse decretato dai risultati di un arco temporale ristrettissimo.
Ma il vuoto che mi si stava creando dentro non lo colmi con i numeri. Non sono riuscito a essere felice fino in fondo dei traguardi che ho raggiunto perché ero annebbiato da tutti quelli che invece non ero stato in grado di ottenere“.
Sethu e il rapporto con il gemello Jiz
Persino il rapporto con il suo gemello Jiz, con cui Sethu condivide tutto da sempre, è diventato uno svantaggio: l’equilibrio tra i due è difficile da spiegare all’esterno e in quelle circostanze il loro confronto continuo non ha fatto che amplificare dubbi, paranoie tormenti, rendendoli sempre più vulnerabili a quel momento di crisi.
“Verso la fine dell’estate sono riaffiorati i primi episodi di depressione – confessa il cantante – facendomi tornare in luoghi bui della mente in cui ero convinto non sarei più passato, tanto da decidere – sia io che Jiz – di tornare in terapia. È la terapia ad averci sbloccato nella scrittura del disco, l’esigenza di questo album è scaturita da lì“.
Nel giro di sei mesi è nata “ragazzi perduti”, poi “per noia” e così via per tutto il disco, a sola eccezione di “troppo stanchi” che Sethu conservava con estrema cura da oltre due anni, cambiando il loro modo di lavorare: “abbiamo smesso di andare in studio in favore della nostra cameretta, una dimensione più autentica e “protetta” per quanto grezza e talvolta arrabattata; siamo tornati a registrare alla vecchia maniera, proprio come quando avevamo sedici anni e stavamo a Savona – e di vivere. Abbiamo fatto ancora più squadra con il nostro team: Claudia Campoli e Francesco Mautone sono stati resi sempre più partecipi nella messa a terra di questo progetto, favorendone una maggiore coerenza e coesione“.
Partire dalla propria esperienza per parlare a tutti
“tutti i colori del buio” parla del buio calato addosso all’artista, ne vuole mostrare le sfumature. “La salute mentale e la depressione vengono viste come entità monolitiche, invece credo che esistano tante sfaccettature al loro interno che riflettono momenti diversissimi fra loro. Non è bianco o nero“.
L’album parte dall’esperienza personale di Sethu per parlare ai tantissimi ragazzi, più o meno grandi di lui, che vivono le stesse difficoltà.
“Con questo album desidero di cuore che loro sentano la mia vicinanza – spiega Sethu – E spero che chiunque lo ascolti possa anche comprendermi meglio, conoscendo le sfumature del mio buio. Io e Jiz abbiamo sperimentato nuove visioni e sonorità, cercando un approccio più sporco che ci permettesse di dare sfogo all’attitudine punk che ci contraddistingue ogni qualvolta che saliamo su un palco“.
La novità più eclatante è la contaminazione breakbeat: “siamo stati spesso ispirati dai Prodigy nella scelta di suoni più sporchi e meno addomesticati attingendo dalla drum’n’base, jungle e quel macro universo musicale che noi abbiamo reso personale con l’inserimento delle chitarre“. Jiz infatti, in veste di producer, ha accentuato contrasti sonori e polarizzazioni che risultano a tratti spiazzanti e certamente meno delicate rispetto ai lavori precedenti. Rimane presente la grossa influenza del punk classico, dei Clash piuttosto che delle prime band degli anni Duemila come gli Strokes, a i due hanno affiancato qualche guizzo di audacia nelle produzioni. Non manca il fascino e l’epicità delle colonne sonore, soprattutto quelle degli horror italiani degli anni Settanta.
“tutti i colori del buio”: un album ricco di citazioni e influenze
É un lavoro ricco di citazioni e rielaborazioni, un modo con cui condividere parte di quello che è il il suo universo di riferimento con chi li ascolta. Il titolo è di per sé una citazione cinematografica dell’omonimo film di Sergio Martino (1972), mentre nei testi riecheggiano le influenze di Vasco Brondi (Le luci della centrale elettrica), CCCP, Kaos One, Club Dogo, persino Baudelaire.
L’approccio alla scrittura mira a lasciare un messaggio.