Era il 1996 quando venne freddato da quei proiettili provenienti dalla Cadillac bianca avvolta nel mistero. Oggi, le indagini sull’omicidio di Tupac Shakur proseguono con una nuova perquisizione disposta dalla polizia di Las Vegas.
Tupac: si cercano nuovi particolari sul suo omicidio
Nella notte di lunedì 17 luglio, la LVMPD (Las Vegas Metropolitan Police Department, ndr) ha eseguito una perquisizione in una casa a Henderson, in Nevada, come parte dell’indagine sulla morte dell’icona del rap. Stando a quanto rivelato dai media americani, la proprietaria dell’abitazione è Paula Clemons, moglie dell’ex gangster Duane “Keefe D” Davis nonché zio di Orlando “Baby Lane” Anderson ovvero quello che per anni è stato ritenuto l’assassino di Tupac, accusato anche da Afeni Shakur – madre di Pac – la quale intentò una causa nel 1998 che non arrivò in tribunale per via della morte dell’imputato Anderson durante una sparatoria non collegata a quella in cui fu vittima il rapper.
Secondo ABC News, gli agenti hanno sequestrato vari oggetti tra cui computer, dischi rigidi, riviste e fotografie degli anni ’90 che ritraggono persone che potrebbero essere coinvolte direttamente o indirettamente nella sparatoria. Tra i reperti dell’indagine, sono state requisite anche alcune copie del libro Compton Street Legend, pubblicato nel 2019 dallo stesso Duane Davis, in cui viene menzionato propio l’omicidio di Tupac.
In base a quanto riferito da un funzionario delle forze dell’ordine informato sulle indagini, seppure la polizia consideri la perquisizione della residenza come un successo, i detective dubitano che gli oggetti rinvenuti possano rappresentare un collegamento diretto con la sparatoria del ’96. Ora le prove verranno presentate al Gran Giurì (l’organismo dell’ordinamento USA chiamato a stabilire se le prove raccolte siano sufficienti per intentare un processo penale nei confronti di un accusato, ndr), tuttavia potrebbero volerci mesi prima di arrivare a una decisione.
Tupac: il coinvolgimento di Duane Davis e di Orlando Anderson
La notte del 7 settembre 1996, Tupac assistette all’incontro di pugilato tra Mike Tyson e Bruce Seldon tenutosi al MGM Grand Hotel, a Las Vegas. In séguito, nella hall dell’albergo, scoppiò una colluttazione tra Tupac e Orlando Anderson, quest’ultimo reo di aver picchiato un affiliato della Death Row Records per poi rubargli la collana. Ciò avvenne la stessa notte in cui Pac fu ferito mortalmente.
Anderson fu tra i sospettati, venne sentito come persona informata sui fatti, ma non venne mai accusato se non da Afeni Shakur, come anzidetto. Il nome di Baby Lane ha comunque continuato a riecheggiare, soprattutto per le parole di suo zio Keefe D. Sia nelle interviste che nel libro, Duane Davis ha continuato a trattare l’omicidio di Makaveli.
Nel documentario di BET Network, ad esempio, l’ex gangster ha riferito di trovarsi nella Cadillac bianca che ha affiancato la BMW nella quale sedevano Suge Knight e Tupac quella tragica notte, precisando addirittura che i colpi sono partiti dal sedile posteriore, ma non ha mai ammesso chi fosse stato a premere il grilletto, senza nemmeno negare che fosse il nipote l’esecutore. Nel tempo ci sono state altre voci, persino una presunta confessione di Duane Davis riportata nel documentario Murder Rap dell’ex poliziotto Greg Kading.
L’anno scorso, invece, l’accostamento di Keefe D all’omicidio di Pac tornò alla ribalta quando Reggie Wright Jr. – l’ex capo della sicurezza della Death Row Records – disse, in un’intervista per Bomb1st, che Davis fosse indagato per la sparatoria del ’96:
«Let’s put it this way, I bet Keefe D been having the runs for the last two weeks. Because yeah, they are knocking on doors and there’s some activity».
Le parole di Wright vennero smentire da Davis al giornale The Art of Dialogue:
«Not that I know of, unless he’s the U.S. fucking attorney or something. I don’t know, this dude obsessed with me. He need to leave me the fuck alone».
Tupac: le parole di suo padre
Anche Billy Garland, il padre di Tupac, parlò alla stessa rivista che intervistò Keefe D. In quest’intervista, disse che suo figlio non avrebbe dovuto scontrarsi con Orlando Anderson, affermando che sentiva di dare dimostrazione della sua leadership, visto il suo status quo nella Death Row Records:
«He never should have did that. Pac just got hyper and he thought he had to lead. If you notice in the video, everybody was following him around. He’s the money-maker. Death Row was the $100 million thing, but everybody’s following 2Pac. Think about that logic.
Everything he did, everybody attached themselves to him, and he felt obligated to prove that “I’m gonna be your leader”. And he struck first, only because someone had told him that this is the guy who stole the Death Row medallion.
Now, the way he did it was off-limits. Cameras every-fucking-where, c’mon, but that’s the irrational shit you do. And you know that broke my heart, but a lot of little shit that he did. But look at all the good shit that he did. Now look what he did, look what he’s done. I don’t think it’ll be done again».
Nonostante siano passati ventisette anni dalla morte di Tupac, le indagini proseguono, complice la legislazione che non prevede prescrizione per i casi di omicidio. Dell’accusa di complicità, però, non c’è stata nemmeno l’ombra per Duane Davis, nonostante le sue dichiarazioni e addirittura un libro a sua firma. La speranza è che la risoluzione del caso non resti ancora una mera speranza, appunto.