Tupac: una mostra e un pop-up café in suo onore

Tupac è la leggenda dell’hip hop mai dimenticata. A tenere vivo il suo ricordo sono degli eventi in suo onore che omaggiano lui e ispirano gli altri. Ultima in ordine di tempo è la mostra Wake Me When I’m Free, ma non solo.

La vita di Tupac in Wake Me When I’m Free

Inaugurata il 21 gennaio 2022, al The Canvas del L.A. Live, inizialmente la mostra Wake Me When I’m Free era prevista per un periodo di tempo limitato. Vista la sua popolarità, è stato deciso di estendere l’apertura fino a luglio. È un’esperienza immersiva che esplora la vita e l’eredità culturale che il rapper ha lasciato con le sue canzoni, le sue poesie e le sue azioni.

Il suo lascito invero lo troviamo anche sui grandi palchi di oggi: l’esempio più grande è il gesto di Eminem, che al Super Bowl 2022 si è inginocchiato in tributo a Colin Kaepernick, l’ex giocatore della NFL che nel 2016 per primo ha smesso di alzarsi durante l’inno americano in segno di protesta contro le violenze della polizia verso gli afroamericani. Secondo quanto trapelato, sembra che la NFL non abbia accordato a Eminem l’approvazione del gesto, che tuttavia ha continuato nel suo intento proprio mentre Dr. Dre suonava al piano I Ain’t Mad at Cha, brano di 2Pac.

L’idealismo di Tupac si percepisce in ogni angolo grazie alle installazioni che abbracciano i visitatori, come la poesia Untitled che recita:

«Please wake me when I’m free/ I cannot bear captivity/ where my culture I’m told/ holds no significance … Please wake me when I’m free/ I cannot bear captivity/ 4 I would rather be stricken blind/ than 2 live without expression of mind.»

C’è anche spazio per le influenze che hanno contribuito a forgiare la cultura di Tupac, come la statua di un pugno nero che si eleva al cielo su di piedistallo circondato da manette e avvolto in un disegno a stelle e strisce. Accanto è presente la lettera We Will Win scritta da Afeni Shakur, madre di Tupac e attivista dell’organizzazione Black Panther Party che si battevano per i diritti civili degli afroamericani. Completano la scena gli articoli, i poster e le bandiere degli attivisti.

Ad affiancare l’esperienza visiva ci sono cuffie e telecomandi attinenti alle varie installazioni affinché i visitatori possano ascoltare la musica e i commenti dei momenti salienti di Tupac. Sono rappresentati anche tramite il vestiario, come l’abito Versace che Tupac ha indossato durante una sfilata nel 1996.

Riempiono la mostra anche suggestivi simboli come una rosa rossa che emerge dal cemento: possiamo considerarla una similitudine, una rappresentazione visiva di tutta la sua essenza. È possibile vedere anche uno dei primi scritti realizzato da un Tupac bambino che recita “A dream is lovely/ You drift to another land  I dream in the night“, accompagnato da un disegno di sé stesso a letto. C’è anche spazio per una locandina del 1983 che pubblicizza l’opera A Raisin in the Sun all’Apollo Theatre di Harlem con uno Shakur di 12 anni che interpreta il ruolo del giovane figlio Travis.

Powamekka Café, un pop-up café nel nome di Tupac

Non solo un museo. La Shakur Estate ha annunciato il lancio del Powamekka Café, in collaborazione con Fixins Soul Kitchen al LA Live. Si tratta di un ristorante aperto dal 16 al 30 giugno nei pressi del Wake Me When I’m FreeNasce da un concetto di ristorante che Tupac aveva in mente anni fa i cui tratti sono stati ritrovati in alcuni suoi appunti: un luogo confortevole per famiglie e gruppi di amici, per “evitare le fredde realtà del mondo” come riportano i suoi appunti.

Il menu, immaginato dallo stesso Tupac, include polpettone, gumbo e le ali di pollo fritte di Jamala, la cugina di Tupac. Il primo Powamekka Café è stato aperto nel 2018 per un periodo limitato nel Lower East Side di New York, in collaborazione con il ristorante Sweet Chick di John Seymour e Nas.

Per tutti gli appassionati della cultura hip hop, vivere delle esperienze in questi luoghi è un sogno a occhi aperti. Apprendere la storia, toccare con mano quei periodi, ascoltare i racconti: si tratta di vivere la cultura in modo unico ed emozionante.


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Donato Cerone
Donato Cerone

Lucano dal mezzo sangue pugliese (un po' come nel film di Harry Potter, ma senza il principe). Mi occupo di comunicazione digitale, amo l'economia di azienda e ogni forma organizzativa. Mi piacciono le parole, ancor di più se sono incasellate tra gli schemi metrici e le melodie su quattro quarti del rap, quelle della musica rock o del cantautorato. Sono appassionato di supereroi, come quelli dei fumetti che hanno spazio su grande schermo e serie tv, ma nella vita vera preferisco gli sfigati.
Creativo con i numeri, razionale con le idee.

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